“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”
Rita Levi Montalcini
Avvocato, lei è da sempre impegnata contro la violenza di genere, per il riconoscimento e la tutela delle pari opportunità, per i diritti delle donne. Un lavoro assiduo che le è valso, nel 2014, il titolo di Cavaliere della Repubblica.
Indosso ogni mattina la rosellina dell’onorificenza conferitami, perché io non possa sottrarmi mai all’impegno. È un problema antropologico che ognuno di noi può e deve affrontare nella quotidianità, non solo con le meritorie ed opportune manifestazioni o iniziative specifiche da parte di alcuni, che hanno delle cadenze organizzative ed impegnano in determinati momenti, ma da parte di tutti, anche nello scambio costante con i colleghi o negli incontri personali, in famiglia, ovunque.
Occorre un cambio culturale, occorre considerare la violenza sulla donna un vulnus sociale e questo va fatto ogni giorno, in ogni nostra azione. Primo obiettivo tra tutti, combattere gli stereotipi e le degenerazioni che ne conseguono. Gli stereotipi sono genetici di un insensato e dannoso effetto sociale: la mancanza di pari opportunità che pregiudica il nostro sistema economico e sociale. È impensabile che ancora ci priviamo delle risorse straordinarie solo perché ancora c’è un favore nei confronti degli uomini, che ci tengo a dirlo, non è colpa degli uomini.
L’ADGI, l’associazione da lei presieduta, aderisce alla FIFCJ, organizzazione internazionale di giuriste donne. Quali sono gli obiettivi più importanti che pensate di raggiungere e ci vuole raccontare di alcuni risultati già raggiunti?
L’Associazione Donne Giuriste Italia (https://associazionedonnegiuristeitalia.org) è un esempio – non intendo l’unico ovviamente – di gioco di squadra tra donne, di stimolo ed impulso, di condivisione e partecipazione, di network – personale e professionale – che abbandonata la pandemia torneremo ad incrementare sempre di più.
Siamo una realtà unita, coesa, senza livore ma con proficua determinazione sulla strada verso le Pari Opportunità. Ciò lo facciamo sostenendo le socie candidate nella governance dell’Avvocatura o delle altre professioni o istituzioni, ritenendo importante che, affinché vi sia pari opportunità, si debba partire dai vertici, con una condivisione capillare. Chi ha il privilegio di essere eletta ha la responsabilità della funzione per il raggiungimento degli obiettivi di tutte, e di tutti. Io sono fiera di essere socia di una realtà cosi qualificata, di una task force sul diritto, in ogni campo e con altrettanta fierezza, sono lieta della crescita che la nostra associazione sta avendo con la costituzione di molte nuove sezioni: ora siamo 29 sul territorio nazionale, da sud a nord!
Lei ha sostenuto che una buona politica di genere è propedeutica ad una buona politica economica e sociale, di cui potranno beneficiare tutti. Come declinate il vostro impegno in tal senso, quali le vostre proposte?
Tra le più importanti, abbiamo partecipato ad audizioni e proposto la parità di genere negli incarichi professionali che prevede, semplicemente, la comparazione tra due CV per il conferimento di un mandato e poi… che vinca “il” o “la” migliore. Del resto nell’assumere un dipendente, un responsabile HR esamina vari CV, incontra vari candidati, ecco, la stessa cosa riteniamo si dovrebbe fare, nel loro interesse per un incarico professionale.
Spero davvero che questa diventi una buona prassi per tutte le imprese, oltre che una regola per gli enti e tutte le società partecipate poiché garantisce il migliore o la migliore professionista, senza alcun dispendio di energie, ma solo con una mera procedura comparativa, propedeutica al conferimento dell’incarico.
Avete trovato sufficiente riscontro nei decisori istituzionali?
Parziale, speriamo nel futuro.
Il gender-gap è ancora una realtà molto presente, a vari livelli, nel nostro Paese ove non tutti i provvedimenti presi, seppur di ‘peso’, sono stati risolutivi. Come si può migliorare la situazione?
Intanto con politiche celeri, con un approccio sistematico e strutturato, non frammentario o a spot. Occorre l’autonomia reddituale a tutte le donne con un lavoro adeguatamente retribuito. Sono contraria ai bonus perché penso che siano insufficienti e non incidono in alcun modo sulle pari opportunità, non rappresentano un investimento e non consentono il raggiungimento di risultati.
Un esempio concreto? Basta spostare i costi della violenza per il recupero delle donne maltrattate, per i figli delle vittime e per tutto ciò che ne consegue, dalla repressione alla prevenzione. Il cambio di paradigma porta a non dover recuperare una donna maltrattata ma ad evitare che ciò avvenga, per lei ed i suoi figli. Facile. Strumenti legali a portata di mano per le separazioni, patrocinio gratuito per ogni tipo di violenza.
La Regione Lazio, da qualche anno, grazie all’impegno di Eleonora Mattia, ha stipulato un protocollo straordinario con l’Ordine degli Avvocati di Roma (Presidente Antonino Galletti) e gli Ordini del distretto, istituendo un fondo per cui una donna vittima di violenza che si avvale di un avvocato esperto nella materia, può beneficiare del fondo per le spese legali sia in ambito penale che civile.
Quanto siamo lontani da una vera parità di genere?
La distanza è a portata di mano, sta a noi decidere. Non solo è a costi zero, ma è un investimento.
Immagino che una buona informazione e la didattica abbiano un ruolo chiave nel lavoro di sensibilizzazione su questi temi.
I media hanno un ruolo centrale, e sinceramente noto una attenzione particolare all’argomento, sta a noi riempirlo di contenuti da diffondere. Bisogna programmare la formazione.
Cosa vi aspettate dai referenti istituzionali?
Che si affronti la tematica con competenza qualificata ed in maniera strutturata, noi come Associazione siamo a disposizione ed abbiamo molte risorse, date sia dalla nostra esperienza che dalla conoscenza degli strumenti o dalla percezione di ciò che manca, in considerazione del nostro punto di vista privilegiato determinato dalla nostra esperienza. Ancora non comprendo che difficoltà ci sia a istituire la procedura della comparazione dei CV.
La “Certificazione di genere”: cosa può apportare di positivo nei luoghi di lavoro?
Moltissimo. È una leva normativa, premiale, che intanto ha avuto il merito di far interessare all’argomento le imprese, tutte, e poi ha già prodotto in poco tempo un significativo risultato poiché già sono 1300 le società certificate. Plauso al legislatore ed ai ministeri coinvolti.