Ermete Realacci ha guidato, fin dall’esordio nel 1987, l’associazione Legambiente di cui è tuttora presidente onorario. Ha promosso e presiede Symbola la Fondazione composta da esponenti del mondo scientifico, culturale e imprenditoriale che operano per migliorare e far crescere l’Italia di Qualità.
È stato presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati. Con lui facciamo il punto sulla situazione del Paese oggi e sui passi necessari per uscire dalla crisi.
Il governo Draghi ha annunciato che una economia ambientalmente e socialmente sostenibile è tra le priorità del Paese. Lei quali provvedimenti si aspetta?
Ora la priorità è utilizzare al meglio il recovery e far ripartire l’economia su basi nuove. Va detto che, per un insieme di concause, che non erano scontate, l’Europa sembra avere imboccato la strada giusta. Ha fatto una scelta impegnativa che indica chiaramente la direzione in cui andare.
Un’altra Ue da quella che Papa Francesco – in un discorso tenuto a Strasburgo nel 2014 – aveva definito in modo durissimo “vecchia e stanca’’, paragonandola addirittura ad una nonna sterile. La sensazione generale all’epoca era di una Europa in stand by. Poi per un insieme di concause, che non erano affatto scontate, anzi, l’UE ha cambiato passo.
In primis c’è stato il trauma della Brexit che è stato utile perché ha dato una scossa: forse la presenza della Gran Bretagna in Europa, almeno in questa fase, non avrebbe permesso l’accelerazione su ambiente e innovazione, che invece era necessaria. C’è stato il Cambio alla guida della Commissione, carica affidata a Ursula Von der Leyen che, già prima della Pandemia, aveva annunciato una serie di provvedimenti importanti e aveva assunto, con grande determinazione, l’obiettivo della Transizione verde e il contrasto della crisi climatica, come uno dei pilastri della politica Ue.
Infine l’emergenza Pandemica di fronte alla quale l’Ue ha indicato le tre priorità che sono valide anche per l’Italia e cioè la coesione-inclusione (nella quale rientra anche il discorso sanità), la transizione verde, il digitale e l’Innovazione. Su questi obiettivi l’Ue ha investito molte risorse.
La Von der Leyen, Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, Gentiloni e altri commissari, oltre ad avere indicato queste priorità, hanno ribadito che alla transizione verde va destinato almeno il 37% delle risorse, anche se in realtà l’Ue ha già destinato a questo impegno altre risorse disponibili.
L’Ue quindi ha capito che questo è il terreno per rilanciare l’economia, l’economia del Futuro...
Mi viene in mente il famoso discorso di Kennedy, nel ’62, quando annunciò che gli americani sarebbero andati sulla Luna entro un decennio e molti pensarono che fosse impossibile. Invece sono state mobilitate risorse, economiche, tecnologiche e, altrettanto importante, la grinta, il carattere, l’orgoglio degli americani, che infatti arrivarono sulla Luna prima della fine del decennio.
Ecco, la sfida climatica ha queste caratteristiche. Non a caso la scelta dell’Ue di puntare, già nel 2030 alla drastica riduzione delle c02 e all’azzeramento delle stesse entro il 2050, scelta molto impegnativa, è stata condivisa poi anche da Giappone, Corea, Cina (che ha individuato come data il 2060) e ci sono anche le dichiarazioni d’impegno di Biden.
La Ue ha una grande partita in corso e l’Italia in questa situazione ha molto da dire. Molte imprese nostrane, infatti, hanno scelto di orientare la propria produzione nel senso ambientale (fonti rinnovabili, risparmio energetico, riutilizzo dei materiali) e il fenomeno è in crescita.
E sono le imprese che, secondo il rapporto “GreenItaly” (https://www.symbola.net/live/evento-greenitaly-2020/) curato da Symbola e UnionCamere, hanno retto meglio il peso della Pandemia.
È così: 432 mila imprese italiane negli ultimi cinque anni hanno investito sul green economy. Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità, il 16% è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green.
In questa situazione l’arrivo di Draghi cosa cambierà?
Draghi, europeista da sempre, è un bene per il Paese. In occasione del suo insediamento ha fatto un discorso eccellente e inclusivo. Ha delineato la sfida in corso per l’ambiente e per una nuova economia, argomenti per lui all’ordine del giorno ma non per una parte della classe politica italiana.
Tanto è vero che abbiamo trattato il recovery come fosse un fondo di bilancio, pagato dall’Ue, formulando richieste da tutte le parti, magari anche giuste, ma che non c’entrano nulla con un disegno strategico di contrasto alla Pandemia e di rilancio dell’economia.
Per il suo piano l’Europa ha destinato risorse molto importanti (750 mld di euro) e di queste maggior beneficiario è l’Italia con 209 mld.
Però dovremo essere in grado di rispettare le regole e i tempi indicati che sono molto stringenti: sostanzialmente i progetti devono iniziare entro due anni dallo stanziamento e finire entro sei.
Se pensiamo che per avere il permesso di un impianto eolico in Italia ci vogliono cinque anni, ammesso che lo concedano, capiamo bene che non sarà una passeggiata.
Symbola è da tempo in primo piano nella difesa dell’Ambiente anche grazie alla legge per la valorizzazione e la tutela dei piccoli comuni (158/2017) da lei promossa. Quali sono i punti chiave di questa legge e quali effetti ha prodotto fino ad ora?
È una legge per semplificare il recupero dei centri storici in abbandono, salvaguardare il territorio, mettere in sicurezza strade e scuole, valorizzare il patrimonio edilizio pubblico e le attività produttive locali, artigianali e non, digitalizzare i piccoli comuni
Al momento sono stati identificati 5.518 piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, che rientrano nelle tipologie previste dalla legge e potranno così beneficiare dei finanziamenti. I soldi purtroppo sono limitati, parliamo di 160 milioni di euro complessivi, ma i presupposti della proposta di legge sono validi oggi come allora. L’impegno per i borghi è anche impegno per un’economia più a misura d’uomo.
E per le grandi aree urbane, che producono oltre il 75% delle emissioni globali di CO2 quali interventi proporre?
Le città del futuro dovranno essere sostenibili, dobbiamo investire, anche attraverso il Recovery Plan, coniugando innovazione e tradizione, nuove tecnologie e legame con i territori.
Dobbiamo promuovere attività economiche alternative, sostenibili, proprio a partire dalle città, alleggerendo il traffico: perché sono le città stesse il principale spazio dove intervenire per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico.
Pensiamo ad un uso nuovo del territorio, con il fine della sostenibilità, certo, ma anche come promotore di attività economiche alternative, per esempio il turismo culturale. Inclusione, verde, innovazione rimangono le parole chiave anche per le città. Le risorse ci sono, evitiamo di non spendere o di spendere male