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Venerdì, 26 Giugno 2020 10:34

Riconnettersi con la bellezza per ricominciare

Intervista a Andrea Carandini, presidente Fai

A cura di Giuseppe De Paoli

Pubblicata sul numero 25/2020 di Reputation Today

Dopo la lunga quarantena Il Paese lentamente riparte, le persone tornano ad incontrarsi, i luoghi tornano ad essere visitabili e il Fai (Fondo Ambiente Italia) torna a riaccompagnare il pubblico alla scoperta del nostro immenso patrimonio culturale, poco conosciuto quando non addirittura abbandonato.
Ville, palazzi storici, musei, stazioni, casali, borghi nascosti, tornano all’attenzione generale, grazie anche a iniziative come “I Luoghi del Cuore” – alla decima edizione – che permette a chiunque di votare i luoghi che ama e contribuire al fatto che siano conosciuti, tutelati, valorizzati.
Riconnetterci con le nostre bellezze ambientali e culturali ci sembra un ottimo modo per rimetterci in cammino e andare oltre questo difficile periodo, consapevoli del fatto che ogni cammino inizia con un passo, che la bellezza (forse) non “salverà il mondo” ma certamente aiuta a viverlo meglio.

Ne parliamo con il professor Andrea Carandini, persona intensa, ricca di cultura umanista, archeologo di fama internazionale e presidente del Fai.

La grande sfida del FAI è proteggere l’ambiente e un patrimonio unico al mondo. Siamo un Paese ricco, culturalmente, artisticamente e a livello di tradizioni, ma non sempre questo patrimonio si trasforma in opportunità lavorative. Perché secondo lei? Dov’è l’anello debole?

Che la Cultura non conti niente, non porti opportunità di lavoro non è esatto: la parte di PIL che attiene alla cultura è cospicua, il rischio casomai è che il nostro patrimonio artistico e culturale, invece che crescere, possa avere problemi anche seri; questo lo posso dire anch’io dalla mia prospettiva al FAI.
Il FAI svolge quella che la nostra Costituzione, all’articolo 118, definisce “Azione sussidiaria”: siamo un ente privato non profit e agiamo per interesse pubblico, a fianco del Ministero per i Beni Culturali, con la convinzione che una pubblica opinione ben informata e partecipe sia essenziale al Paese e alle sue Istituzioni.
Le difficoltà sono tante: il FAI stesso s’è trovato in un momento molto difficile e solo nel mese di marzo abbiamo perso oltre 3 milioni di euro per il mancato svolgimento delle Giornate FAI di Primavera - a causa del Coronavirus -: non sono cifre piccole. Anche ora viviamo un momento difficile, creativo per molti versi, ma difficile.
Il problema è aumentare la consapevolezza delle grandi potenzialità del nostro Paese. Con l’iniziativa “I Luoghi del Cuore” (che invita i cittadini a segnalare i luoghi da tutelare e valorizzare) nella scorsa edizione, quella del 2018, abbiamo raccolto 2 milioni e 200 mila voti, quest’anno potremmo raccoglierne 2,5 o magari 3 milioni! Sono cifre importanti, che confermano il bisogno d’Italia e di bellezza, entrambi in considerevole crescita.
È sempre più evidente il desiderio di “riconnettersi” con l’Ambiente e le sue bellezze; certo le istituzioni potrebbero essere ancora più attive - lo sono ma ancora non abbastanza - e chiaramente oggi ci sono molti problemi da affrontare, quelli di salute, quelli economici però... una volta affrontati i bisogni primari è giusto considerare anche i bisogni della nostra mente.
La nostra mente ha bisogno di storia, narrazioni, racconti; le bellezze ci sono ma non le promuoviamo abbastanza, occorre più impegno.
Non credo tanto alle azioni turistiche di massa, enormi e a volte sconsiderate che abbiamo visto, per esempio, a Venezia; servirebbe invece un turismo più evoluto, continuativo, capillare.
Servono visitatori che frequentano i borghi poco conosciuti, per esempio i paesi al di sopra dei 600 metri, praticamente abbandonati, più che turisti che si muovono in gruppo, vedono tre cose, Piazza San Marco, il David di Michelangelo, il Colosseo, e poi tornano a casa.

Quindi quali provvedimenti sarebbero utili per raccontare al meglio il nostro patrimonio storico e artistico?

Credo che in questo momento ci voglia una politica assennata che governi le orde turistiche trasformandole in individui che vengono in Italia standoci un po’ di più, con voglia di scoprire e valorizzare posti poco noti, insoliti, e portando anche un po’ di ricchezza, che in questo momento al paese serve! Un turismo intelligente che poi naturalmente va governato.
Valorizzare le aree interne deserte, sconosciute ma bellissime, è molto importante: dobbiamo riportarle in vita e dobbiamo invece “scaricare”, togliere peso, a certi luoghi presi d’assalto. Oggi è come se l’umanità fosse precipitata dalle alture approdando tutta sulle coste, sulle pianure abbandonando completamente altre zone, che sono bellissime.
C’è un’Italia interna dimenticata, abbandonata, ma intatta (che però se si abbandona nuovamente non sarà più recuperabile) che va promossa, a partire dalle comunità locali che devono essere incoraggiate, protette, valorizzate, in accordo con le istituzioni.

Lei s’è rivolto al Ministro Dario Franceschini confermando la disponibilità del FAI a collaborare e sottolineando che il Dicastero dei Beni Culturali potrebbe svolgere un ruolo più rilevante nella politica nazionale. Cosa chiedete ai decisori politici?

Il Ministero dei Beni Culturali dovrebbe essere un po’ più presente nelle aree interne, che hanno bisogno di servizi certo ma anche di cultura: c’è bisogno che questi luoghi vengano conosciuti e venga conosciuta la loro storia, magari raccontata in modo innovativo, ad esempio con un video multimediale, semplice ma efficace.
Noi l’abbiamo fatto recentemente nel nostro Bene a Matera – Casa Noha – e possiamo dire che l’iniziativa è stata davvero molto apprezzata dai visitatori.
Il turista ha bisogno di qualcuno che gli racconti i luoghi prima che li vada a vedere, anche perché sono pochi i visitatori che leggono e si informano autonomamente.
Un paesino che sa raccontare la propria storia diventa molto più attraente. Diventa immediatamente una meta.

Questo spiega anche l’importanza del censimento de “I Luoghi del Cuore”.

HERO LDCCerto. È una iniziativa per educare ai beni culturali e all’ambiente e favorire la nascita di una nuova classe dirigente esperta, colta e preparata che curi l’interesse generale.
La scuola non fa abbastanza, serve quindi l’impegno della società civile.
Ci sono luoghi che il potere pubblico non conosce, nemmeno sa che esistono! Questi luoghi hanno bisogno di aiuto.

Le iniziative del FAI hanno coinvolto moltissime persone: lei ha notato un cambiamento nella percezione dell’Ambiente, del Paesaggio, delle bellezze nostrane?

Sì, ma rimane molto da fare; non ci rendiamo conto che non siamo figli di una civiltà sola, ma di una stratificazione di civiltà: gli etruschi, i greci, i bizantini, gli arabi, che hanno determinato il nostro presente.
Il sistema industriale non ha una visione generale, umanista che la scuola non dà più. Manca una visione globale degli eventi, manca la percezione del fatto che certe conquiste derivano da altre epoche (l’idea che la legge è uguale per tutti, per esempio, risale alla Repubblica Romana), che solo conoscendo il passato si può immaginare un futuro.
Le conquiste di una civiltà non sono mai isolate.
La cultura italiana è un crogiolo di culture incredibili; tutto ciò che c’è in Italia riporta ad altre culture. Se andiamo a visitare una chiesa del sud Italia incontriamo un pezzo di Grecia, di Asia, d’arte bizantina,
Perché in certi luoghi della Puglia i Santi hanno il nome in greco? Perché sono santi bizantini!
Questa realtà, questa commistione di culture, deve continuare anche oggi: gli stranieri che lavorano in Italia devono assolutamente essere integrati e dobbiamo essere noi ad allargare lo sguardo verso civiltà diverse.
C’è chi dice “tuteliamo l’identità...” ma cosa vuol dire identità?
A me viene in mente una matrioska, le bamboline russe che stanno una dentro l’altra... Io stesso sono cittadino onorario di Parella, a 7 km da Ivrea in Piemonte, sono nato a Roma, lavoro a Milano, mi sento europeo, magari mi sento un po’ più francese, inglese, spagnolo che tedesco, eppure la cultura tedesca mi ha determinato: Goethe, Thomas Mann sono pilastri della cultura occidentale.
Se poi uno allarga lo sguardo e guarda le stelle – ieri guardavo la luna nuova e la sentivo come una parte del mio essere – capisce che noi siamo tante identità ben distinte ma siamo nello stesso cosmo, seguiamo le regole generali dell’Universo.
La pluralità non esclude l’identità, la stempera magari...
Come i greci che se il vino era troppo forte lo diluivano con l’acqua, cercavano la giusta gradazione, quella per cui il vino è gradevole ma non troppo forte. Quindi: Patria ma non patriottismo, Nazione ma non nazionalismo, Campanile ma non campanilismo.

La pandemia ha cambiato molte cose tra le quali il modo dei cittadini di rapportarsi all’Arte: Come vede il futuro dei Beni Culturali dopo l’emergenza corona virus?

La pandemia è stata una vera rivoluzione; in questi mesi, come Fai, abbiamo riflettuto molto anche sulle sue conseguenze e ci siamo ben presto resi conto che dobbiamo continuare ad avvicinare le persone al nostro patrimonio meraviglioso, che non tutti conoscono, ma non potremo più farlo prendendo qualcuno per mano.
Dobbiamo costruire un ponte tra grandi centri urbani e le varie realtà meravigliose sparse nel tessuto italiano, anche usando la rete informatica che diverrà sempre più importante.
L’informatica non è lo scopo ma sarà sempre più il mezzo attraverso cui le persone potranno fruire dell’offerta artistica e ambientale: sarà la mano che una volta il padre dava al figlio per portarlo a vedere il mondo.
Il virus dovrebbe averci fatto capire quanto danno abbiamo fatto finora al Pianeta intaccandolo, avvelenandolo, rovinandolo; sono bastati due mesi di fermo e l’acqua è tornata limpida, l’aria più pulita, la natura è rifiorita e ha fatto un grande sospiro di sollievo.
Non possiamo più continuare a fare come prima, insistendo su un approccio di così intenso sfruttamento, non possiamo più spremere la terra fino all’ultima goccia come un limone, altrimenti ci resterà solo la buccia.

Speriamo che questo pensiero diventi patrimonio comune, al momento ancora tanti segnali indicano che c’è ancora molta disattenzione verso alcune tematiche.

Io penso che la coscienza ambientale e culturale stia ampliandosi, non dico che si sia ampliata a sufficienza, ma si sta ampliando e dobbiamo favorire la presa di coscienza che nei giovani è oramai maggioritaria; anche perché i giovani temono per il loro futuro e sono più attenti di noi.

Oggi il Papa ha detto che degrado dell’ambiente e degrado morale sono strettamente legati e che il degrado ambientale non può essere adeguatamente affrontato se non comprendiamo le cause sociali. Lei che ne pensa?

Sono considerazioni di ampia veduta, largamente condivisibili, è giusto che le faccia il Papa; naturalmente spetta al Pontefice dire e spetta a noi agire e tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Però questo richiamo è giusto, perché in fondo la Morale cos’è, se non evitare che la nostra anima si macchi?
Se una parte dell’anima è macchiata, corrotta, se abbiamo fatto qualcosa di male lo sappiamo, e quel sapere, quel sentire ci tormenterà sempre, ci rovinerà la vita.
Si ricorda le mani che Lady Macbeth non riusciva a lavare?
Se la coscienza si è macchiata c’è solo un modo per ripulirla: il pentimento profondo e un programma di vita diverso, questa è l’unica via di redenzione.
Così deve avvenire anche per l’Ambiente: lo abbiamo sfruttato, maltrattato, violentato e se continuiamo così avremo a che fare con sempre più malattie, sempre più alluvioni, sempre più disastri, con un caldo che diventerà insopportabile e provocherà migrazioni e l’abbandono di molte terre; succederanno cose per cui il virus sembrerà una sciocchezza.
Bisogna fermarsi e ricominciare da capo. Riprendere le attività che fanno bene mentre quelle che fanno male vanno fermate.
L’uomo ha intelligenza e capacità ed è in grado di creare energia in modo, non dico esemplare, ma decente, senza fare male alla propria anima, alla morale e alla terra ove viviamo.

La posso definire moderatamente ottimista sul futuro?

Senta, ho una mia ricetta, banale forse, ma utile: noi non siamo sicuri che ci sia un Dio, non siamo sicuri che la nostra vita abbia un significato chiaro, ma se vogliamo vivere felici dobbiamo agire come se Dio esistesse, come se la vita avesse un significato; perché se Dio non c’è lo creiamo noi, in noi stessi, e se il senso della vita dovesse mancare lo mettiamo noi, con la nostra intelligenza.
Non possiamo vivere solo di pessimismo. E se non abbiamo fede – è un po’ il mio caso – dobbiamo fare come se l’avessimo. Agiremo comunque meglio che non in preda allo sconforto o al nichilismo, mentre se non facciamo nulla facciamo del male a noi stessi.

O facciamo del male agli altri...

Infatti... anche Leopardi, in un famoso discorso, diceva che bisogna vivere civilmente, come se la vita avesse un senso: secondo lui la vita non l’aveva ma, diceva, bisogna fare come se ci fosse. Se agiamo così alla fine il senso diventa realtà, è come se l’avessimo generato noi.
Quindi si può essere pessimisti ma bisogna agire con coraggio e speranza in ogni situazione, anche la peggiore. Questo i grandi l’hanno sempre insegnato.

Seneca per esempio...

Certo; ma ce l’ha insegnato soprattutto chi è sopravvissuto ad Auschwitz ed è riuscito a rigenerarsi, chi è sopravvissuto ai campi staliniani e poi ha creato cose straordinarie.
Le nostre difficoltà di oggi, per fortuna, non sono così estreme.
Ma vede... la vita perfetta è un’illusione: ogni tanto bisogna fare qualche passo indietro, 3-4, anche 7-8 e poi occorre ripartire.
L’afflato ad andare avanti, cercando non il male - che pure è parte della vita - ma il male minore, forse addirittura il bene, è l’unica cosa che dà un senso alla vita!

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